lunedì 13 giugno 2011

L'OFFERTA

[Giussani]«Enzo, ma come fai a vivere come se Cristo non ci fosse e tutto dipendesse dalle tue mani? Così non vivrai più! Anzi, sono sicuro che tra un po’ non farai più niente, non ti assumerai più nemmeno un piccolo rischio. Farai come tutti: ti gestirai il tuo lavoro, cercherai di non essere disturbato… Farai così, perché ti comporti come se Cristo non ci fosse, e come se l’esito di tutto dipendesse dalle tue mani». Io sono rimasto bloccato, perché era vero. Non so come avesse fatto. Ai due ragazzi avevo detto: «Adesso basta. Per due o tre mesi non accettiamo più nessuno di questi casi. Io devo fare carriera, devo scrivere. Facciamo le cose come si deve, per favore. Questi casi mi devastano. Lasciamo stare». Era vero! Poi mi ha detto: «Senti Enzo, io voglio parlare ancora di questo. Possiamo trovarci?». Così, due o tre giorni dopo, ero a pranzo con lui: «Raccontami di nuovo la questione». Era ancora stanchissimo. Io mi sono sentito un meschino, e ho detto: «Senti, adesso, dopo che mi hai detto quelle cose, la situazione è cambiata. Io lavoro al terzo piano, al quarto c’è una cappella. Al mattino presto vado lì, dico una preghiera, mi fermo un attimo e vengo fuori che le cose sono già più normali, cioè più al loro posto, davvero». Lui ha avuto come uno scatto improvviso e ha detto: «Enzo, ma cosa c’entra pregare? Tu quello che non sai fare è offrire. Quando sei lì e non capisci, devi offrire. Quando sei lì ed è difficile, devi offrire. Quando sei lì e non ti va, devi offrire. Quando sei lì e hai paura dell’esito, devi offrire. Perché, se offrirai, scoprirai due cose. Primo: una umiltà grande che ti farà chiedere quando non capisci, perché rispondi a qualcuno e a qualcosa di quel che hai di fronte. Secondo: una responsabilità altrettanto grande, perché darai sempre tutto, darai fino in fondo quello che puoi dare, sempre. E questo fa grande la vita». Ho fatto così. Non è ancora tranquilla la questione, però è vera: adesso quello che non so lo chiedo, ma non mi tiro indietro dal dare tutto quello che posso. È l’offerta. “Signore, sei tu, non io. Compi tu le questioni. Rivelati tu.” È questo che permette di ricominciare da capo dopo quello che è successo in famiglia, quando sembrava che non si potesse più andare avanti. È questo che permette di ricominciare dopo che la vita è stata devastata dalla propria istintività personale. È questo che permette di ricominciare quando tutti i bilanci sono negativi. È questo che permette di ricominciare quando i consensi intorno a te e per te non ci sono più. È questo che permette di ricominciare insieme a fare le cose che tutti giudicano in un altro modo. È l’offerta: “Sei tu Signore, non io”. Ed ecco un’umiltà grande che fa aderire alla realtà come non mai, e poi la responsabilità di dare tutto quel che sei, perché non puoi più venir meno. È questa la follia per i filosofi e lo scandalo per i moralisti: che Dio sia una cosa così alla mano. Così tanto da farmi cambiare le cose che ho tra le mani e il modo in cui le porto. Il Mistero emerge sensibilmente, si rende esperienza e come un vasaio incomincia a plasmare le cose e a rendere diversa la vita. È questa posizione che fa dire di sì: il sì di Pietro, che ormai da due anni è citato continuamente. È l’offerta. Non è questione di avere muscoli grandi o capacità superiori, né di capire tutto. Una volta, durante un incontro nella sede centrale, Giussani per l’ennesima volta aveva descritto in modo commovente il sì di Pietro e uno gli ha detto: «Caspita Giussani, che coraggio che ci vuole per dire sì come ha detto Pietro!». Lui si è quasi arrabbiato: «Quale coraggio? Ci vuole uno stupore!». Solo lo stupore fa dire di sì, così, senza pensarci: lo stupore di trovarsi di fronte ancora il significato del mondo e della storia, nonostante tutto e attraverso tutto. Non è un bilancio della vita in base al quale tu capisci che sei abbastanza morale per dire di sì: chi lo farebbe più? Non è perché tu sei abbastanza forte, e capisci che terrai nel tempo e non sbaglierai. Questo è contro natura: tutti sbagliamo. È la Sua presenza, di nuovo lì, miracolosamente lì, che ti fa spalancare gli occhi e dire, con tutto il peso di quel che sei, i dubbi, i problemi, con tutte le cose che hai in mente adesso e che ti intasano il cuore e la mente: «Sì, si ricomincia». È solo la Sua presenza e nient’altro. Grandi o piccoli che siamo, la nostra morale nasce da una sorgente così che si ripropone sempre. Sempre! Ci odieranno per questo, perché la nostra morale non è non sbagliare mai, ma riprendere sempre. Una volta una persona mi ha detto: «Ma voi siete strani. Che gente che siete! Siete come l’acqua: vi si blocca qui e saltate fuori là…». Ci odieranno perché noi non siamo chissà chi: siamo gente che incomincia a dire di sì. Sì, per lo stupore di una presenza che ti si dona, attimo per attimo, attraverso le circostanze che prima consideravi banali, e che adesso sono la voce del destino che ti chiama a una risposta. È tutto qui. Allora cambia l’autocoscienza, il che vuol dire che cambia il modo di pensare a se stessi. «Non sono più io che vivo, sei Tu che vivi in me»: questa cosa strana che abbiamo sempre sentito dire incomincia a diventare vera. Cambia il soggetto dell’azione, ed è per questo che siamo liberi. Liberi! Essere liberi significa non avere paura di sbagliare. E non si ha paura di sbagliare quando c’è la risposta presente. Altrimenti si sta sempre a calcolare: è la fine, la fine dell’affetto, la fine del sentimento, la fine della passione, la fine del legame. E invece siamo liberi, perché non abbiamo paura di sbagliare, perché la Sua presenza è lì, e ogni volta ci riattacchiamo a Lui. E ogni volta Lui risponde, e ogni volta noi ridiciamo di sì. Perciò siamo indomabili. Quello che sto descrivendo è il frutto di un’autocoscienza nuova. «Non sono più io che vivo, è un altro che vive in me»: vuol dire che io, per dire “io”, dico “Tu”. Che scusa posso accampare per non mettermi di nuovo in cammino? Devo dire “Tu”! È il miracolo di una presenza che rende “viabile” anche la difficoltà che hai dentro al cuore, una presenza con cui si può andare e non essere più soli. Che razza di novità! Purtuttavia è una novità così vivibile che basta aprire gli occhi per vedere che è già cominciata tra noi. Ecco qui: l’autocoscienza tende a diventare coscienza di Cristo, che crea una nuova creatura, un modo nuovo di vivere che precede il paradiso.
Piccinini l’everest del ’umano

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