lunedì 16 gennaio 2012

"Per Sempre"

L'ultimo libro della Tamaro, dove l'amore tocca credenti e non di Titti Del Greco (agenzia Zenit )
ROMA, sabato, 14 gennaio 2012 (ZENIT.org).-“Per sempre”, edito da Giunti, è l’ultimo capolavoro di Susanna Tamaro, triestina, classe 1957 diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. La trama: Nora è morta da 15 anni, e Matteo, un medico affermato, s’interroga in modo ossessivo su quale
possa essere il percorso da intraprendere dopo la perdita di sua moglie, suo figlio Davide, e la bambina in grembo a sua madre. Un viaggio denso di sentimenti tumultuosi e contrastanti: amore e dolore, ricordi che ritornano dal passato e che fanno da cornice a tutte le domande che un uomo, imbrigliato in un lutto così efferato, si pone. Matteo, da anni, si ritira spesso in un paesaggio naturale molto suggestivo, dove vive le sue intense riflessioni delineando i protagonisti passati e presenti della sua vita in un back round che spesso sfiora la lirica. Appare sconcertato da quanto accaduto, e non smette di raccontarsi e di vivere mille volte la sua storia intensa e dolorosa entrando, come Giobbe, in un dialogo intimo con Dio.



Appare evidente fin dalle prime pagine che l’autrice già nota per il grande successo “Va dove ti porta il cuore”, un bestseller che ha venduto più di 14 mila copie in tutto il mondo, creda che le relazioni più profonde, abbiano impresse una sottile valenza di eternità e questa è un’esperienza che viviamo un po’ tutti quando ci capita di imbatterci in una qualsiasi passione… E' come se percepissimo una sorta di naturale esigenza di infinitezza propria dell’animo umano... qualcosa di molto misterioso che sembra essere impresso nella nostro “io ontologico” e che viene a sussurrarci la frase: io voglio amarti per sempre.



Ma soffermiamoci sul protagonista: ciò che si snoda intorno a Matteo sembra richiamare la storia del giusto perseguitato. Matteo vive la felicità di un attimo con Nora e suo figlio Davide ma solo dopo pochi anni, in attesa del secondo figlio perde tutto… La tragedia irrompe nella sua vita a causa di un banale incidente (si parlerà anche di suicidio ma la realtà è che Nora si è schiantata a causa di un aneurisma cerebrale) e in un attimo tutto finisce e nulla più sembra avere senso.



Matteo è l’uomo dei dolori, si interroga , non capisce perché lo scenario della sua mente è completamente stravolto e lui, in prima battuta, si sente catapultato in una sorta di cieco e pagano fato verso una destinazione senza meta, dove ogni sorta di orizzonte appare compromesso. E dovrà fare un lungo cammino di discesa , dovrà sprofondare nell’abisso del dolore (Kenosis) e del non senso prima di recuperare se stesso e la sua più profonda ragione di esistere.



Matteo soffre ma non si ribella e, adesso più che mai, ama ritirarsi in un luogo solitario con una morfologia paesaggistica spettacolare che ne fa da sfondo…..in un impenetrabile nascondimento tra le bellezze del Creato, luoghi molto cari anche all’autrice dai quali si è ispirata per scrivere il romanzo…in una atmosfera - ci ha detto in un’intervista –dove ama camminare in solitudine, immersa nei suoi pensieri per ragionare, riflettere, farsi sorprendere da tutto ciò che la circonda, tra azione e contemplazione, esercitando perfettamente le qualità di Marta e Maria dei Vangeli!



Ma il percorso di Matteo, visto che neppure in ebraico la parola “caso “ non esiste, è una sorta di pellegrinaggio legato ampiamente al credo cristiano e il romanzo che è stato pensato in tale prospettiva , porta con sé tematiche forti . Infatti , se lo analizziamo a fondo, ci accorgiamo che la morte rappresenta proprio il suo filo conduttore. E questo, secondo la Tamaro, perché la morte è il più grande tabù dei nostri giorni. Se guardiamo le cose da un punto di vista antropologico,ci accorgiamo che si vive come se la morte fosse radicalmente bandita. Una sorta di alienazione collettiva tipica di questo mondo capitalista, globalizzato, solipsista, relativista permea il sociale : i più forti si ubriacano con la rincorsa al potere, alla fama, al successo, i più deboli con alcool e droghe di ogni genere. Secondo la Tamaro, invece, se non si affronta il grande mistero della morte non appare praticabile alcun percorso spirituale. “Nessuna indagine, nessuna interrogazione profonda - ha affermato con forza in più di una circostanza - può sussistere senza un’attenta indagine di finitezza”!



Saranno necessari anni di isolamento e di errori perché Matteo, ripeto, tra solitudine e scelte folli , deserti impraticabili e silenzi interminabili si rimpadronisca di se stesso e di tutto ciò che gli è rimasto e che continua a vivere intorno a lui: il padre Guido, il lavoro da medico, il suo piccolo rifugio in montagna, gli amici, l’ergoterapia, lo “sprofondamento “ tra le cose del creato; tutte risorse che, pian piano, ridoneranno senso al suo quotidiano.



Matteo vincerà la sua crisi quando, dal pensiero solitario, ricomincerà a percepire la speranza e a capire che adesso è necessario uscire dalla chiusura in se stesso che lo aveva blindato nel suo ego, per tornare a credere che l’uomo, nel senso più alto, si realizza solo attraverso la relazione e che l’amore rappresenta la via per il compimento di tale traguardo.



Anche il papà di Matteo, Guido è una figura portante del romanzo. Forse ne rappresenta proprio il fulcro forse perché nel pensiero dell’autrice c’era l’idea di restituire forza e dignità alla figura maschile che vive una crisi odierna senza pari.



Guido, cieco e solo apparentemente debole, morirà lasciando una commovente lettera al figlio quale preziosissimo testamento spirituale. Anche questo dettaglio procurerà in Matteo una sorta di spinta a rinascere dal fondo perché sarà il momento della presa di coscienza di “un amore unico e speciale – sostiene la Tamaro - che accoglie, che genera e continua a generare chi si è generato, di un riscatto, di una vera trasfigurazione.



“Per sempre” è un capolavoro dell’amore in un vivere cristiano, è una storia intessuta con la forza di chi crede, come la Tamaro, in valori che sono eterni, è un romanzo che tocca credenti e non perché, ripeto, tutti vorrebbero amare “per sempre”!



Ma è anche un monito per le coppie moderne che si stancano troppo presto di amare, per tutti coloro che hanno paura di amare, e viene a ricordarci che, chi ama deve necessariamente compromettersi.



“Per sempre”, infine, è anche la storia di una tragedia che si compie, di uno sprofondamento disperato del protagonista che, però, sottende un capovolgimento di prospettiva, un impercettibile squarcio di luce che si fa sempre più tangibile e che lascia trapelare che esiste una ineluttabile speranza rivoluzionaria: dentro ogni uomo vive una scintilla divina che, puntualmente, riemerge.

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