«Sì, Girolama, dite il vero; non sono come ero. Vedo meglio: e pure non ero cieco; ma era la luce, forse, che mancava; perché la luce esterna è cosa da poco; non è essa che ci illumina la vita. Voi avete acceso una lampada nel mio cuore; ed eccomi come il malato che s’addormenta nelle tenebre con la brace della febbre sulla fronte e il gelo dell’abbandono nel cuore, che poi si risveglia di soprassalto in una bella camera in cui ogni cosa è immersa nella musica discreta della luce; ed ecco, l’amico che piangeva da lunghi anni, l’amico tornato dalle terre oltre l’oceano è lì che gli sorride con gli occhi più calmi, più saggi di un tempo, e c’è tutta la famiglia, i vecchi dalla testa bianca e i bimbi vestiti di un chiarore di grano maturo, e c’è il vecchio grosso cane, con i suoi occhi rotondi colmi di una tenera risata, e le fauci spalancate e piene di rumori di gioia per far festa all’uomo salvato dal diluvio delle tenebre! Ecco che luogo di pace avete fatto del mio cuore, Girolama. E grazie, grazie infinite a voi, Girolama!».
Dal Miguel Mañara di O. Milosz (1912)
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