Concorezzo (Monza), 27 aprile 2010 -
La dolce Enrica si è addormentata per sempre. Non si è mai più risvegliata dal lungo sonno in cui era caduta dopo l’aneurisma cerebrale che l’aveva colpita nel 1991. Si è spenta dopo 19 anni di coma vegetativo, durante i quali è stata alimentata con un sondino. Ieri è tornata nella sua Concorezzo per l’ultimo saluto. I funerali si sono svolti nella chiesa Cosma e Damiano, abbracciata da tutta la città. E soprattutto il marito Giovanni, il figlio Giacomo, la mamma Anna e il papà Angelo.
Enrica Cantù era una brillante insegnante quando il 16 marzo 1991 la malattia dette una brusca sterzata alla sua esistenza: aveva 32 anni allora, una vita felice, tanti amici, un marito e un bambino di tre anni che l’adoravano. Sono gli stessi che hanno continuato a starle accanto anche quando lei apparentemente si è chiusa al mondo, a volerle bene in un modo diverso da prima.
Ora il marito è diventato grande. Giovanni, l’uomo che l’aveva portata all’altare, ha qualche capello bianco. È sempre stato con sua moglie, giorno dopo giorno, aiutato dalle tante amiche di Enrica. La cui vicenda umana non può che richiamare alla mente quella di Eluana Englaro, la ragazza di Lecco, rimasta in coma per 16 anni, dopo un incidente stradale.
Ma il confronto è fatto solo per segnalare la lontananza delle risposte che le persone più vicine alle due donne hanno dato: il padre di Eluana si è battuto per ottenere dal giudice la possibilità di sospenderle l’alimentazione; il destino di Enrica, invece, è diventato motivo «per riflettere sul mistero della vita, mostrare la forza dell’amore e della carità cristiana», come ha detto don Gianni Calchinovati nell’omelia.
Per 19 anni in tanti si sono presi cura di lei, sono stati in sua compagnia. Sono 40 le donne che a turno, ogni giorno da quel tragico martedì di marzo, si sono recate nella casa di riposo dove l’amica era accudita: "Non solo perchè avevamo la speranza che si svegliasse - dicono le sue amiche -. Anche se fossimo state sicure che questo non sarebbe avvenuto, noi le saremmo state accanto lo stesso. La sua nuova condizione di vita era per noi un’esperienza piena di mistero e significato, come ci ha sempre insegnato don Giussani".
di ANTONIO CACCAMO
Ritengo che di Enrica non ci sia stata un'informazione come nel caso di Eluana! E' giusto segnalare che con la forza dell'amore e della carità cristiana possiamo portare tutte le nostre croci che ci vengono date. gz
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