lunedì 11 marzo 2013

WOJTYLA E RATZINGER CONSIGLIANO AI CARDINALI IN CONCLAVE: GUARDATE MICHELANGELO

10 marzo 2013

Infine è deciso. Martedì 12 marzo i cardinali varcheranno la soglia della Cappella Sistina per l’elezione del nuovo Papa.

L’evento è così importante da scatenare l’attenzione dei media di tutto il mondo che hanno convogliato a Roma migliaia di inviati. Perché i cristiani del pianeta sono più di due miliardi, il cattolicesimo è la confessione più numerosa del globo (un miliardo e duecento milioni di fedeli) e il Papato è il cuore della Chiesa.


“Il Sommo Pontefice e Vicario di Cristo”, scriveva san Bonaventura, “anche se fosse solo e tutto nella Chiesa fosse distrutto, potrebbe restaurare tutto”.



Del resto il Papato (che ha fatto la storia dell’Europa e dell’Occidente) ha una grande autorità morale per tutti, anche per i non credenti o i fedeli delle altre religioni. Anche questo spiega l’enorme attenzione del mondo.







DISSE STALIN







Un giorno Stalin beffardo se ne uscì con una battuta che diventò subito celebre: “quante divisioni ha il Papa?”. La cinica ironia del tiranno voleva dire che sono il potere e la forza (ovvero la violenza, fino al terrore) a fare la storia, quindi il pontefice romano non conta niente.



Ma quando – pochissimi anni dopo – arrivò la notizia della sua morte, nel 1953, Pio XII poté rispondergli: “adesso vedrà quante divisioni ha il papa”.



In effetti la Chiesa in duemila anni ha sepolto una miriade di persecutori e tiranni che, potentissimi e feroci, s’illudevano di essere i padroni del mondo e nel giro di pochi anni erano solo un mucchietto di polvere.



Invece al Vicario di Cristo – “il dolce Cristo in terra”, come diceva santa Caterina da Siena – è affidato un potere vero e infinitamente superiore a quello di qualsiasi governante, re, imperatore, perché si tratta addirittura delle chiavi del Regno di Dio, le chiavi dell’eternità. Ciò che egli scioglie o lega sulla Terra sarà legato o sciolto anche in Cielo.







QUALE POTERE







Questo per chi crede, si obietterà. Certo. Tuttavia, per capire di cosa parliamo, inviterei gli scettici ad andare a vedere, un giorno, un rito di esorcismo. Lì accadono cose inaudite, si manifesta un’entità oscura, molto più potente degli uomini.



Eppure un semplice sacerdote che abbia avuto l’investitura del vescovo, a sua volta in comunione col Papa, a nome della Chiesa, ha il potere – evidentissimo – di annientare quell’entità malvagia.



Il “potere” che Gesù ha dato alla Chiesa e al suo Vicario è un potere sul Male, quel male che – come tutti vediamo – dispiega sempre sul mondo i suoi orrendi e tragici effetti. Se c’è una cosa evidente a tutti infatti è che – come diceva Hegel – la storia umana è una macelleria. E solo la Misericordia di Dio vince tutto questo male. Attraverso la Chiesa di Cristo. Su di essa “le forze degli inferi non prevarranno” mai.



Eppure quello del Papa è un “potere” del tutto opposto al potere mondano, infatti il Papa è definito “servo”, per la precisione “Servus servorum Dei”, servo dei servi di Dio.



In obbedienza a quanto Gesù prescrisse ai suoi apostoli che, non avendo ancora capito nulla, si contendevano le poltrone:



“Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: ‘Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuoi essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti’ ” (Mc 10, 35 42-45).



In effetti Gesù ha voluto che il suo trono fosse una croce e la sua corona fosse quella di spine. E nei primi trecento anni la sede di Pietro è stata in pratica un patibolo, perché da lì si andava diretti al martirio. Benedetto XVI ha ripetuto e sottolineato molte volte che il ministero di Pietro in sé è misteriosamente legato al martirio.



Dunque uno strano potere, quello del Vicario di Cristo. A lui è garantita l’assistenza straordinaria e infallibile dello Spirito Santo. Inerme e senza eserciti terreni, testimone dell’Amore, è il depositario delle Chiavi del Regno.



Ma questo potere spirituale – che non va confuso con un potere politico e mondano – ha anche i suoi effetti nella storia umana.



Il simbolo della tiara o triregno, cioè la corona che veniva posta sulla testa dei pontefici fino a Paolo VI, rappresentava un triplice potere del Papa: “Padre dei principi e dei re, Rettore del mondo e Vicario di Cristo in Terra”.







QUEL GESTO DI WOJTYLA







Oggi è stata giustamente abbandonata, ma il suo significato spirituale rimane: qualunque cosa il Papa scioglierà o legherà in terra, sarà sciolta o legata anche in Cielo.



E se n’è avuto un misterioso esempio con le apparizioni di Fatima, grande profezia sul Novecento dei genocidi.



A Fatima la Madonna ha chiesto al Pontefice di consacrare la Russia al suo Cuore immacolato per scongiurare le immani tragedie che si sarebbero dipanate dall’irrompere del comunismo in Russia nel 1917.



Giovanni Paolo II esaudì quella richiesta (nei modi in cui poté) con la solenne cerimonia del 25 marzo 1984 e, misteriosamente, da quel momento, iniziò l’inimmaginabile crollo pacifico del moloch comunista, che si dissolse nell’arco di cinque anni.



Sono letture di teologia della storia che ovviamente i soliti scettici liquideranno con un sorrisetto, ma nessuno di costoro ha ancora saputo spiegare come e perché in quel giardino di Dio che è la Chiesa (e solo lì) da duemila anni continuano ad accadere miracoli che oggi vengono sanciti e riconosciuti anche dalla scienza moderna, con tutti i suoi raffinati sistemi di analisi. I miracoli sono di tanti tipi. Non solo guarigioni.



Del resto a Fatima, la Madonna – che ha fatto quella richiesta al Papa – ha anche domandato ai tre bambini di pregare e sacrificarsi per la fine della Prima guerra mondiale, evidenziando così che ogni semplice cristiano (a cominciare dai più piccoli) grazie alla preghiera e all’offerta di sé ha un “potere” sulle cose del mondo superiore a quello dei governi.



Perciò quando parliamo della Chiesa e del Papa bisognerebbe sempre ricordare che gli occhiali politici o mondani non fanno capire la sua essenza profonda.







MICHELANGELO







In “Trittico romano” Karol Wojtyla, meditando sulla corsa della vicenda umana, dalla creazione al giudizio universale, focalizzò il suo sguardo sull’immenso affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina, che racchiude tutta la storia umana dall’inizio alla fine.



Un giorno il cardinale Ratzinger commentò così quelle pagine wojtyliane:



“La contemplazione del Giudizio Universale, nell’epilogo della seconda tavola, è forse la parte del Trittico che commuove di più il lettore. Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978.



Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità.



Il Papa parla ai Cardinali del futuro Conclave ‘dopo la mia morte’ e dice che a loro parli la visione di Michelangelo.



La parola Con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni.



Si ricordano così le parole di Gesù, il ‘guai’ che ha rivolto ai dottori della legge: ‘avete tolto la chiave della scienza’ (Lc 11, 52). Non togliere la chiave, ma usarla per aprire affinché si possa entrare per la porta: a questo esorta Michelangelo”.



Quell’immenso affresco michelangiolesco dominerà anche questo Conclave e le coscienze dei cardinali, forse memori delle parole di Wojtyla:



“Ecco, si vedono tra il Principio e la Fine,



tra il Giorno della Creazione e il Giorno del Giudizio…



Bisogna che, in occasione del conclave, Michelangelo insegni al popolo –



Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius.



Tu che penetri tutto – indica!



Lui additerà…”.


Antonio Socci

Da “Libero”, 10 marzo 2013

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