Stiamo camminando perché la nostra fede porti frutto; e il frutto della fede è la carità, l’amore. Non è fede solo il credere in Dio e rimanere con le mani in tasca, pregare, stare magari per ore in adorazione di Lui e poi dimenticarti che il Dio che tu preghi è un Dio che si dona a te, che si “sporca le mani” amando. La preghiera, se è vera, nutre la fede che diventa carità vestendo i panni del servizio. Anche tu allora devi donarti al prossimo, devi “sporcarti le mani” nel servizio, e se manca questo, manca la gioia alla vita. E per servire,
per dare, puoi incominciare anche solo con un sorriso, una parola, un incontro, una riconciliazione, un ascolto. Piccole cose ma che danno gioia al nostro cuore e ai fratelli, piccole cose che troppo spesso ritardiamo a compiere. Ogni tanto verifichiamo la nostra fede guardando alla nostra vita. Se la fede è vera, la vita cambia! Ti senti diverso, e se fino a ieri tenevi a lungo il broncio dinanzi a un’osservazione o a un rimprovero ricevuto, oggi quello spazio di tempo che riempi di tristezza, di giudizio, di durezza è sempre più breve. La fede è un cammino che riduce i tempi che lasciamo al male, al giudizio, al buio! La fede riempie di Luce ogni spazio della vita. Ma chi crede che questo passaggio sia automatico, come lo schiacciare il tasto di un computer, è un falso! Non è così: il Signore cammina con noi e conosce quali sono i nostri strascichi di ieri, conosce la nostra storia e sa benissimo quali sono i tentacoli che ci frenano, le nostre lentezze. E Lui, e solo Lui, ha quella pazienza di sorriderci e di tenderci la mano dicendoci: “Vieni a me in questo momento di rabbia, di chiusura, vieni a me che spezzo così un tentacolo di morte”, e poi un altro, un altro ancora … e Lui ci libera, e noi così finalmente diciamo a noi stessi: “Ma guarda che bello non tenere il broncio, che dono perdonare, che pace l’andare oltre, che gioia il sorridere”
Riflettiamo ancora insieme: ma perché facciamo ancora tanta fatica a riconciliarci? Perché facciamo funzionare il cervello, e il cervello è “materia grigia”, non è ancora la pienezza della tua vita, della tua libertà, non è ancora luce. Bisogna creare queste amicizie leali, vere, sicure, in cui l’uno può contare sull’altro, in cui vi conoscete nella verità, siete amici e amiche nella fede. Dobbiamo entrare gli uni negli altri nella compassione, nella misericordia, nell’amore. Non dobbiamo far partire la testa, ma ascoltare il cuore. So che non è facile e lo dico prima di tutto a me stesso. È un cammino quello dalla testa al cuore: in qualsiasi situazione ci troviamo dobbiamo per questo imparare a rimanere, rimanere. La testa ci fa non scappare, fuggire. Invece quando c’è il buio, la confusione, la tormenta, la pioggia, il vento che ti porta via… rimani, rimani. E Dio verrà e ti libererà! Non prendiamo mai delle decisioni con la testa quando siamo nella bufera - nella bufera dei pensieri, per esempio - perché è fuga, è scappare, e poi quei problemi te li ritrovi davanti a te per tutta la vita. Dobbiamo rimanere nella prova, ascoltare il cuore che ti dice: “Non mollare, persevera, coraggio, con Dio ce la farai!” e poi ne usciremo avvantaggiati, con più forza di fede, più fiducia in noi stessi, più fede in Dio perché per rimanere al nostro posto nella bufera è intervenuta la forza di Dio. E dopo torna il sereno e ti ritrovi più forte, più libero, più umile, più maturo e più buono, sicuramente molto più buono e più capace così di amare.
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