giovedì 7 luglio 2011

Accettare di essere amati

La santità è Dio che si dona al mondo, è il dono di sé che Dio fa agli uomini. Per questa ragione essa è luminosa. Non è un progetto umano, lo sforzo di taluni per rispondere a un ideale che essi stessi hanno prefissato, per quanto alto possa essere ed eticamente nobile. Al contrario, essa è totalmente azione del Padre nella vita di uomini e di donne che egli liberamente sceglie perché diventino segno della sua misericordia per qualunque uomo incontrino. La santità sono uomini e donne che hanno accolto liberamente e lietamente,
anche attraverso le lacrime e il sangue, questa scelta di Dio che li rendeva servi di Lui e trasparenza del suo volto sulla terra.



La Chiesa di Milano è arricchita oggi da tre nuovi beati. Vissuti in epoca recente, la loro vita è una parola che Dio dice alla comunità ambrosiana in questo momento. Questa parola va accolta e compresa perché possa portare frutto.



C’è una caratteristica peculiare della santità lombarda? Voglio correre il rischio di rispondere: sì. Anche senza cadere in una generalizzazione indebita, mi sembra di poter dire che in questi tre santi lombardi si può cogliere un elemento tipico dell’animo di chi è nato in questa terra: la grandezza di Dio vissuta nella laboriosità quotidiana, quasi nel nascondimento, certo non in una clamorosità ostentata e proclamata. Nessuno meglio di Alessandro Manzoni ha espresso tutto ciò.

Sembrerebbe impossibile coniugare questi due elementi: l’immensità di Dio che si dona, la sua gloria, il suo trascendere il tempo e lo spazio e, nello stesso tempo, le condizioni normali della nostra vita, la nostra fragilità personale, le difficoltà spesso anche drammatiche in cui ci troviamo interpellati da Dio. Eppure non solo coniugare tutto ciò è possibile, ma proprio in tale incontro sta il miracolo della santità: una luce straordinaria che brilla attraverso alcune persone che sono apparse pienamente umane a coloro che li incontravano. Non senza difetti e limiti, eppure portatori di qualcosa che apriva il cuore a una nuova speranza, che apriva lo sguardo a una nuova visione del presente e del futuro.



Perché sono santi? Come è potuto accadere in loro ciò che li ha resi uomini e donne semplicemente veri? Hanno aderito all’azione che Dio faceva in loro per manifestarsi al mondo. E così hanno realizzato se stessi. La santità è accogliere un’incommensurabile e imprevedibile iniziativa di Dio verso di noi. Per questo essa inizia, continua e termina come adorazione, riconoscimento della santità di Dio e della necessità di mettersi in suo ascolto. Necessità dell’umiltà, che è la caratteristica di ogni vera santità.



L’inizio della santità sta nel riconoscere che Lui è Dio e io sono creatura. È accogliere me stesso così come Dio mi ha fatto, nelle circostanze in cui Dio mi ha tessuto, accogliere le persone, i luoghi e i fatti con cui Dio ha plasmato la mia vita. Questo è il nostro cammino verso Dio che consiste nell’accettare la sua opera come Sapienza. A noi certe circostanze sembrano incomprensibili, o anche negative. Il santo a poco a poco riconosce che esse sono la strada obbligata attraverso cui il Padre ci fa camminare verso di lui.



Per attrarre gli uomini a Dio i santi si immergono continuamente nell’attrattiva che egli suscita nella loro vita. La santità non è una strada che l’uomo immagina e neppure una via che egli può percorrere con le proprie forze. All’opposto essa è entrare nell’azione di Dio. È lui l’attore. Noi dobbiamo semplicemente seguirlo giorno per giorno. “Maestro dove abiti? Venite e vedrete”. La santità cristiana è seguire un Altro, incontrare Gesù che si pone sul crocicchio della strada in cui passa ogni uomo. Gesù ha detto che egli è venuto per cercare chi si è perduto. Santità è lasciarsi caricare sulle sue spalle per poter, a nostra volta, caricare i fratelli sulle nostre.



Leggendo le vite di questi tre beati mi sono reso conto, ancora una volta, che il santo è un uomo libero. Avendo rinunciato a ogni proprio progetto, non è legato da regole, schemi e traguardi che si impone. Cammina verso l’infinito, verso Colui che è sempre nuovo, che non è fermato dalle nostre rivolte e dalle nostre negazioni. Egli è un uomo umile, che vive l’esperienza della propria fragilità. Infine è l’uomo della speranza. Egli più di ogni cosa prega perché Cristo venga. Tesse continuamente la strada tra Cristo e l’uomo.



Papa Benedetto XVI, alcuni anni fa ha scritto una parola a mio parere definitiva e semplicemente sintetica: «Santità è accettare di essere amati da Dio. È lasciare operare un Altro».

Scritto da Massimo Camisasca


pubblicato su “Avvenire”, 28 giugno 2010

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