Scritto da Massimo Camisasca il 21 settembre 2011
Quando, negli ultimi anni, penso al problema del tempo, c’è una riflessione che mi ha spesso aiutato: c’è stato un tempo in cui il tempo non c’era. La creazione del mondo e l’Incarnazione hanno reso necessario il tempo.
Prima della creazione, Dio era tutto in un punto, tutto uguale a se stesso, senza spazio e senza tempo. Con la creazione del mondo e con l’Incarnazione, Dio si è reso vicino a milioni di esistenze. Pur rimanendo un punto uguale a se stesso (come sono povere le nostre immagini!), è diventato contemporaneo ad un’infinità di punti nel tempo e nello spazio.
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Il senso del tempo
Questa riflessione ci aiuta a comprendere che il tempo è un sacramento, una strada fondamentale attraverso cui Dio ci raggiunge. Questo è il senso del tempo. Esso è l’espressione primordiale dell’estensione di Dio alla nostra vita.
Non solo Dio ha creato il tempo, ma è entrato nel tempo, lo ha assunto come forma del suo rapporto con noi. Il Mistero non mi raggiunge se non attraverso il tempo. Per questa ragione le ore della vita sono paragonabili a un’infinità di istanti, attraverso i quali Cristo ci raggiunge continuamente, in cui ci chiama e ci manifesta la sua predilezione. Così come la vita naturale è già tutta racchiusa nell’istante del concepimento, allo stesso modo la vita cristiana è tutta racchiusa nell’istante in cui Egli ci parla. Ma ciò che ci dice in ogni singolo istante ha bisogno del tempo per essere da noi compreso e assimilato.
La memoria
La memoria è il tempo pieno della presenza di Cristo. È la sua presenza che investe e riempie il nostro tempo. Perciò l’azione fondamentale che abita il tempo è la preghiera. La memoria, ottenuta in grazia della preghiera, è essa stessa preghiera.
Siccome viviamo nel tempo, nel succedersi degli istanti, il segreto fondamentale della preghiera è la sua ripetizione. Non alcune preghiere lunghe, ma tante preghiere brevi. Ripetiamo la domanda: «Vieni Signore Gesù. Vieni dentro ciò che sto facendo. Vieni dentro ciò che sto attendendo. Vieni perché tu sei il senso e la pienezza di questo attimo».
Possiamo dire che il tempo è il radicarsi della memoria dentro di noi. Ciò che Dio ci dice e ci comunica attraverso suo Figlio, questa sua voce e presenza che ci parla, ha bisogno di tempo per essere da noi compresa ed assimilata. Il tempo non è solo, quindi, la strada attraverso cui Dio mi raggiunge, ma è anche la strada attraverso cui io pazientemente accolgo e faccio mia la sua parola, la sua iniziativa.
La pazienza
Parlare di tempo vuol dire anche parlare di pazienza. Ce lo insegna la Scrittura parlando della creazione in sei giorni, raccontandoci la storia di Israele, la vita di Gesù, i giorni della sua Passione. Dio ha diluito nel tempo anche ciò che di per sé è stato istantaneo: la Resurrezione.
Dio si è manifestato agli uomini attraverso una storia di tremila anni prima di Cristo, si è fatto carne ed ha vissuto nel tempo. Non è comparso e sparito. È stato qui trenta e più anni. Perché tutto questo? Per farci comprendere che non è possibile per noi trascendere il tempo nel nostro rapporto con Dio. Il nostro rapporto con l’infinito avviene attraverso il finito. È la storia di ogni amore umano e divino. Tutto ciò che accade tra di noi ha bisogno di tempo. È talmente vero questo che Dio si è assoggettato al tempo, per insegnarci che anche noi abbiamo bisogno di entrare nel tempo per arrivare a Lui. Tutto questo deve aiutarci a vincere ogni impazienza e ogni moralismo. L’errore e la fatica che ci attraversano fanno parte del rapporto che viviamo con Dio, perché il tempo è fatto anche di queste cose.
La liturgia
Il luogo fisico in cui tutto ciò che ho detto appare nella sua visibile luce e nella sua forza pedagogica è la liturgia. Attraverso di essa impariamo che Dio si è assoggettato al tempo e che il tempo è la forma del nostro rapporto con lui. Il tempo è la forma dell’amore umano, dell’amore dell’uomo per gli altri uomini e per Dio. L’amore è fatto di passione, ma l’amore vero è una passione che diventa fedeltà. Il fuoco vero è il fuoco che brucia senza distruggere, che riscalda, infiamma, ma non consuma. La strada che vogliamo percorrere è questa: la strada del tempo, la strada della pazienza, in cui rispondere alle occasioni oggettive che Dio ci dà. Ogni sentimento individuale di trasporto per Dio che non accetta di entrare nell’oggettività della forma che Egli assume nel tempo è molto pericoloso, e infine non è cristiano.
Educarsi al tempo
Nella nostra vita potremmo parlare di un tempo oggettivo e di un tempo soggettivo. Un tempo soggettivo, che noi percepiamo rapidissimo o lentissimo, dominato cioè dal sentimento. Quando è semplicemente il sentimento a dominare, il tempo diventa un luogo di distruzione. Per esempio: mi sono chieste tre cose, ma io mi sento portato solo per una. Vorrei avere tanto tempo per la cosa che più mi appassiona e sbrigare in fretta le altre.
Il tempo soggettivo, legato alle mie stanchezze o alle mie esaltazioni, a poco a poco diventa una gabbia.
Dobbiamo entrare invece nell’oggettività del tempo, nel tempo segnato da Dio. Questo è il senso della casa. È la casa, la comunione tra noi, che detta il tempo. Il tempo oggettivo con i suoi orari e le sue responsabilità, sembra in un primo momento sacrificare i nostri sentimenti, ma in realtà li ordina. Non li uccide, non li castra, non li sopprime, ma semplicemente li ordina. Il tempo soggettivo è tutto teso ad arraffare le cose, una dietro l’altra e porta inevitabilmente alla stanchezza.
Nel Miguel Mañara, la voce dell’abate descrive molto bene il tempo oggettivo: «Pazienza… Il tempo è lungo qui. Occorre un’infanzia e un’educazione, una giovinezza e un insegnamento, una maturità curiosa… e una lenta vecchiaia innamorata della tomba».
Penso che chiunque entri nella nostra casa si renda conto, magari anche se rimane scioccato, di questa oggettività. È lo shock che viene dal primato che noi diamo al tempo oggettivo sul tempo soggettivo. Negli anni si vede che l’amore ordinato è l’unico vero amore. Se l’amore può essere paragonato a un fiume che corre verso il mare dell’infinito, questo fiume ha bisogno di argini, altrimenti la sua acqua si disperde nella campagna e perde tutta la sua forza.
Il tempo oggettivo
Il tempo oggettivo consta di tre elementi: orari, responsabilità e autorità.
L’autorità indica le priorità e i compiti e verifica lo svolgimento di essi. Gli orari ci dicono quali sono le cose importanti della giornata, ma permettono nello stesso tempo di collocare all’interno di essa la diversa gamma dei nostri interessi.
Infine le responsabilità, la pluralità di compiti che ci sono affidati. È importante imparare che il tempo è la strada fondamentale della nostra educazione alla povertà. Esso ci obbliga a scoprire che siamo limitati e ci insegna che ciò che dobbiamo fare in quel momento è proprio ciò che ci è chiesto. Anche se sono convinto che come ingegnere potrei costruire la Torre Eiffel, in questo momento mi è chiesto di raccogliere le foglie nel giardino. Questa educazione alla povertà, se vissuta come domanda di Cristo, non è una castrazione delle mie possibilità ma un loro potenziamento. Le mie capacità emergeranno con più ordine. Attraverso il mio sacrificio saranno finalizzate allo scopo unitario della mia vita, che è realizzare la vocazione a cui Dio mi ha chiamato.
Il tempo liturgico
Vorrei concludere con una nota circa il tempo liturgico. Il tempo liturgico permette di aderire alla realtà al di là del proprio stato d’animo. Durante la giornata attraverso la liturgia delle ore, durante la settimana con le memorie e le feste, durante l’anno nei periodi liturgici. Lo scopo del tempo nella liturgia è ancorare la persona all’oggettività della vita di Cristo nello scorrere dei suoi misteri. Ho molti pensieri, ma una parola dell’ora media che recitiamo insieme, mi resta attaccata, almeno mi resta attaccato il fatto che ho dovuto interrompere i miei pensieri per venire a pregare.
L’oggettività del tempo liturgico ripropone continuamente l’oggettività della Presenza tra di noi, che mi richiama, mi riaccoglie e mi rilancia. È un tempo che plasma, sostiene e aumenta il desiderio. La campana che richiama alle Ore è un modo immaginifico di esprimere la preziosità del tempo vissuto con Cristo. Se io, infatti, fossi solo, mi disperderei continuamente; ma Cristo, nel tempo vissuto con lui, mi raccoglie senza mai lasciarmi annegare nel mio niente.
(appunti da una lezione ai seminaristi)
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